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Philanthropic Psychology – Part 2/4

Come utilizzare il design per agevolare il benessere psicologico dei donatori in un programma di donazione regolare.

>> Se lo hai perso o vuoi rileggerlo, qui trovi il primo articolo della serie 

PROMOZIONE E ACQUISIZIONE

Per costruire un brand forte è necessario definire il profilo dei donatori.

Aderire a un programma di donazione continuativa implica un forte coinvolgimento sin dall’acquisizione, per questo è importante capire quali sono i valori e gli ideali del donatore, che può esprimere attraverso il suo ruolo e anche le identità più importanti per una comunicazione mirata ed efficace in modo da attirare persone in linea con il nostro modo di comunicare.

È un copy insolito, comprensibile a un target specifico che sa cogliere la provocazione.

 

Potrebbe essere utile sottoporre una survey rivolta a coloro che sono già i nostri attuali donatori in modo da rilevarne le caratteristiche per cercarne di nuovi in linea con queste. “Come ti senti quando doni per la nostra organizzazione? In cosa ti senti più connesso con il nostro lavoro/mission?”
Le risposte a queste domande possono poi essere integrate nei materiali di comunicazione.
Il donatore sarà attratto dal leggere le sue stesse parole, “stanno parlando proprio a ME?”

Dopo aver costruito il brand e definito il profilo dei donatori, la promozione del programma ha un ruolo fondamentale. Permette al target di acquisire familiarità con il messaggio, in modo che possa riconoscerlo e capirlo: quanto più il brand di un’organizzazione è conosciuto e presente nella testa dei probabili donatori, più sarà efficace la comunicazione. Inoltre un’organizzazione riconosciuta acquista anche prestigio e valore soprattutto se promossa in maniera coerente e chiara con la propria mission, rende il donatore fiero e orgoglioso di farne parte, e lo porta a un livello di coinvolgimento tale per cui gioisce dei successi che si raggiungono insieme.

 

Dal mio porfolio:  ADV WeWorld per acquisizione

 

Fai innamorare il donatore della tua organizzazione

All’inizio dobbiamo “piacere” al donatore e far leva sulle sue identità personali cominciando a sviluppare una organizational identity, mostrando perché vale la pena diventare un supporter.
Per coinvolgerlo dobbiamo definire una promessa, un macro obiettivo da raggiungere insieme, accompagnato da call to action specifica e tangibile da realizzare più nel breve periodo.

Indipendentemente dal canale di acquisizione, un percorso pensato per i donatori regolari deve riuscire a soddisfare i bisogni di autonomia, competence, connectedness perché quella che vogliamo instaurare è una relazione duratura in cui scambiarsi “amore”.

Autonomy

In direct marketing, un modo per rendere il donatore autonomo attraverso il design è creare moduli di donazione facilmente compilabili, con molto spazio per poter scrivere. 

Un’altra attenzione che i donatori apprezzeranno, è scrivere le lettere con un punto carattere di almeno 14pt, utilizzando paragrafi brevi per facilitare il donatore la lettera. 

Competence

Possiamo rendere competenti e capaci i donatori, dando risposte a tutte le loro domande implicite nel momento in cui devono donare, fornendo informazioni e chiedendo al donatore di fornire la soluzione.

La landing page di Charity:Water è divisa in blocchi ognuno dei quali risponde a una specifica domanda che il donatore pone a se stesso: “Cosa fai? Cosa dovrebbe importarmi? Agli altri come me importa? Puoi davvero fare quello che dici? Perché dovrei crederti? E adesso?”

 

Dare informazioni precise per esempio con i cost examples, rende il donatore in grado di capire cosa l’organizzazione farà con la sua donazione, perché devono “sentire” che serve a qualcosa.

Dal mio portfolio: Direct Mailing di ActionAid con cost examples

 

Connectedness

Per creare connessione le storie sono fondamentali. Non tanto la storia dell’organizzazione ma quella dei suoi beneficiari o di altri membri del programma con i quali identificarsi.
Raccontiamo che il donatore è colui che fa accadere il buono, le cose giuste, il cambiamento, ed evidenziamo i suoi tratti morali per renderlo orgoglioso di se stesso.

In questa fase possiamo anche mostrare a chi il donatore non vuole assomigliare (disidentification).

Charity:Water September campaign. “Sii colui che vede il bisogno! Non essere come chi non lo fa!”

Nei materiali possiamo inserire un regalo, per incentivare e coinvolgere maggiormente. (exchange relationship)

Dal mio porfolio: Girandola origami inserita in un DM di conversione per Fondazione Veronesi. (Con il tuo sostegno regolare, fai girare la ruota della ricerca donando cura, salute, conoscenza, impegno…)

 

In base all’organizzazione faremo più leva sull’identità personale rispetto a quella collettiva. 

Charity:water punta da subito sull’essere parte di una community (The Spring).

Se l’organizzazione nasce da una fede religiosa, mettere in evidenza questa identità dei donatori genera una maggiore risposta.

La chiave è riuscire a coinvolgerli moralmente in questo percorso per permettere di averli sempre accanto con il loro sostegno anche nel futuro.

 
Nel prossimo articolo parleremo della fase più importante: il Grazie…